giovedì 29 marzo 2012



Il Coordinamento Rifiuti Zero per il Lazio esprime le sue perplessità rispetto al “Piano per Roma” esposto oggi dal Ministro Clini.


. La montagna ha partorito un topolino. Da un ministro ambientalista ci saremmo aspettati un deciso cambio di rotta verso una filosofia della gestione dei rifiuti che avesse inizio da una maggiore riduzione degli stessi e che proseguisse con la raccolta differenziata spinta porta a porta.

Non possiamo non domandarci perché l’obiettivo fissato dal Ministro, sia il raggiungimento del solo 50% della raccolta differenziata su Roma e non il 65% così come impone la Comunità Europea.

Siamo fermamente convinti che il rilancio dell'uso di inceneritori rappresenti di fatto la negazione di un serio e concreto impegno verso la raccolta differenziata, infatti un inceneritore per funzionare bene, ha bisogno di molte calorie e queste possono essere offerte solamente dalla combustione di plastica, legno e carta.


In tutta Europa assistiamo alla chiusura degli impianti di incenerimento, sia per la loro indiscussa nocività, sia per la mancanza di "combustibile" dovuta al progressivo aumento della differenziata porta a porta.


In riferimento poi, ai sette siti originariamente presi in considerazione, dalla lettura del "Piano per Roma" si comprende bena che la scelta verrebbe ristretta a due soli: Monti dell'Ortaccio e Pizzo del Prete, questo in piena continuità con la logica discariche/inceneritori, inoltre, l’individuazione viene a basarsi esclusivamente su semplici studi preliminari.


Il Coordinamento Rifiuti Zero per il Lazio continuerà a chiedere una nuova gestione dei rifiuti basata sulla raccolta porta a porta spinta che non preveda più il binomio discarica-inceneritore.


mercoledì 28 marzo 2012

rassegna stampa

UN PO' DI ARTICOLI PER CERCARE DI SEGUIRE IL SUSSEGUIRSI DELLE NOTIZIE.

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/lazio/2012/03/28/visualizza_new.html_157858033.html

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Rifiuti-Malagrotta-chiusa-entro-lanno-Caccia-a-nuovo-sito-in-provincia-di-Roma_313140643234.html

http://www.asca.it/newsregioni-Lazio_Rifiuti__Clini__per_uscire_da_emergenza_il__piano_per_Roma_-1139157-.html

http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/03/28/news/rifiuti_l_appello_di_clini_alla_provincia_individui_altri_siti_per_le_discariche-32347508/

venerdì 23 marzo 2012

sentenza Albano

QUesto e' il link dove troverete la sentenza sull'inceneritore di Albano

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2011/201100892/Provvedimenti/201201640_11.XML
La giornata di ieri e' stata faticosa e deprimente, la manifesta al Ministero dell'ambiente ha visto la presenza di un discreto numero di persone. Peccato che di queste molte poche erano di Valcanneto e dintorni. E' vero che i cittadini di Riano sono aiutati dal sostegno del loro Comune, cosa che noi non abbiamo mai avuto, ma credo che uno sforzo in piu' potevamo farlo tutti.
Risultati ottenuti? Pochi, il piu' triste a mio avviso e' stato constatare ancora una volta che i nostri politici oltre ad essere dei gran delinquenti ( me lo concedete vero? ) non hanno nessun rispetto per noi cittadini, solo cosi' si puo' leggere l'improvviso cambio di sede dell'incontro tra i Magnifici Quattro ( Clini, Polverini, Zingaretti, Alemanno ).
E poi la notizia del via all'inceneritore di Albano che e' stata accolta con entusiasmo da alcuni nostri politici...( Marroni !? )
Da tutto questo e' uscito che hanno ancora bisogno di tempo per studiare tutte le carte.
Questa battaglia e' lunga e faticosa, il tentativo dei politici e' quello di sfinire i movimenti, di portarli a sgretolarsi lungo la strada, di scatenare una uerra tra poveri con questo patetico balletto dei siti, ma personalmente credo che noi cittadini siamo molto piu' tenaci e intelligenti di quanto vogliano credere lor signori!!!

martedì 20 marzo 2012

Sciopero della fame ministero ambiente

SCIOPERO DELLA FAME DAVANTI AL MINISTERO DELL'AMBIENTE



Secondo giorno di sciopero della fame di Paolo Simonini, membro del Coordinamento Rifiuti Zero per il Lazio Sotto al Ministero dell'Ambiente. I membri del Coordinamento, ma anche cittadini che ci affiancano fin dai primi giorni in questa battaglia, si danno il cambio per sostenere Paolo ma anche continuare la costante opera di sensibilizzazione verso gli abitanti di Roma che ancora non sentono loro il problema della gestine dei rifiuti. Non ha fatto mancare il suo supporto Nando Bonessio ( Verdi ) presente al fianco di Paolo gia' da ieri sera.
Questa mattina Paolo ha indirizzato una lettera aperta al Ministrio Clini per spiegare il perche' di questo suo gesto.
Invitiamo tutti i cittadini, i movimenti e gli esponenti polititci a portare la loro soldarieta' a Paolo e auspichiamo che si creino le condizioni per permettergli di interrompere la sua protesta.


"Sono uno Zero. Un cittadino qualsiasi, che vede la sua terra,
la sua famiglia e il suo futuro minacciati da una discarica."

20 marzo 2012 - Ministro Clini
ho iniziato ieri un sciopero della fame sotto il ministero da Lei diretto.
Il mio nome non ha importanza. Sono uno Zero. Un cittadino qualsiasi, che vede la sua terra, la sua famiglia e il suo futuro minacciati da una discarica.
Vorrei solo dirLe, a nome mio, del Coordinamento di cui faccio parte e delle forze che appoggiano la nostra protesta, che questo è il momento per far partire a Roma la raccolta differenziata. Per voltare pagina con i giochi di potere, il malaffare, i monopoli. Per voltare pagina con la strategia criminale di una gestione dei rifiuti basata sulle discariche e gli inceneritori.
La raccolta differenziata porta a porta è l’unica scelta giusta, sana, legale, civile. E’ l’unico modo per difendere l’ambiente, per tutelare il territorio e la salute dei cittadini.
Mi permetto di chiederle tre cose.
Riceva i comitati dei cittadini in lotta per le tante emergenze locali sui rifiuti nel Lazio, ascolti chi ama la sua terra e la conosce davvero.
Faccia partire la raccolta differenziata porta a porta a Roma e nel Lazio. Chi avrebbe dovuto farlo, come Lei ha visto, non è stato in grado. Prenda la decisione di commissariare il comune di Roma per il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata previsto dalla legge. Non ci lasci nelle mani di affaristi e incapaci - anche se eletti dal popolo.
Chieda al Suo e nostro governo di investire in questa grande prova di civiltà, proponga un finanziamento speciale per la differenziata.
Noi saremo con Lei.
Con uno Stato realmente, finalmente dalla parte dei cittadini.

Paolo Simonini - Coordinamento Rifiuti Zero per il Lazio

venerdì 16 marzo 2012

PRESIDIO AL MINISTERO DELL'AMBIENTE

GIOVEDI' 22 MARZO ORE 15:00


Via Capitan Bavasto
angolo Via C. Colombo


E' molto importante che ci sia una massiccia partecipazione.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO INCHIESTA
" ROMA COME NAPOLI "

AUTORI:Manuele Bonaccorsi, Ylenia Sina, Nello Trocchia


Mercoledi' 21 Marzo ore 21.00 Valcanneto Centro anziani



Martedi 27 Marzo ore 18.00
Cerveteri Piazza Santa Maria (Case Grifoni)





Roma come Napoli, per un libro sulla situazione dei rifiuti nel Lazio, forse, è un titolo un po’ provocatorio. Ma centra il punto. Nel bene e nel male. I più penseranno sicuramente alla cieca logica dell’emergenza che ha dominato, per anni, le politiche sui rifiuti di entrambe le regioni. Quanti ricordano che il Lazio, prima dell’attuale crisi romana, è stato in emergenza per ben nove anni? Per i comitati che si battono per una strategia di gestione dei rifiuti alternativa a discariche e inceneritori, invece, Roma come Napoli, è una speranza: «Perché Napoli da qualche mese si è data un obiettivo, per costruire il suo riscatto – scrivono gli autori nella premessa – Ha iniziato la raccolta differenziata dei rifiuti, porta a porta, da Scampia, quartiere simbolo di degrado e abbandono».

"Roma come Napoli – Il malaffare di politica e signori della monnezza che mette in ginocchio il Lazio e la Capitale" (ed. Rx Castelvecchi) scritto dai giornalisti Manuele Bonaccorsi, Ylenia Sina e Nello Trocchia è prima di tutto un libro utile. L’emergenza rifiuti nella Capitale c’è ma non si vede. In questo caso, le immagini dei rifiuti per le strade che si sono viste a Napoli negli anni scorsi non reggono il paragone tra le due città proposte nel titolo. Questo perché i cittadini romani hanno potuto contare per più di trent’anni sull’enorme discarica di Malagrotta e sull’attività del “re della monnezza” romana, l’avvocato Manlio Cerroni, che opera in un regime di quasi monopolio nella regione guidata da Renata Polverini. Fin qui, nulla di nuovo. Anzi. Le pagine dei giornali nel tempo non si sono risparmiate su questo.

Ed è proprio qui che entra in gioco Roma come Napoli. La storia dell’emergenza, le responsabilità della politica, l’occhio lucido e analitico che aiuta a capire questa complicata fase di transizione verso il post-Malagrotta. E ancora. Il ruolo dell’Ama, dai tempi del fascismo allo sfascio di parentopoli, le voci dai territori e le inchieste sui territori, sia quelli già invasi dai rifiuti che quelli in rivolta contro le nuove discariche, il ritratto sconosciuto dell’uomo più discusso di Roma in tema di rifiuti, l’avvocato Manlio Cerroni, alcuni retroscena dei personaggi in campo. Nel libro non mancano preziosi spunti di indagine “sistemica”: «Se la produzione di rifiuti, come previsto per legge, diminuisse e la differenziata arrivasse al 65 per cento come da Piano rifiuti regionale, questo sistema potrebbe smettere di essere redditizio per il privato che si riavvarrebbe sulle amministrazioni pubbliche. Seguendo questa logica, il massimo di differenziata concessa per Roma è il 35 per cento». Nel libro le vicende dei rifiuti capitolini sono arricchite da passaggi inediti, fin’ora mai raggiunti dalle penne dei giornalisti, e da alcune interviste ai protagonisti delle vicende del pattume romano.

Non a caso, hanno già sollevato polemica le dichiarazioni dell’amministrazione delegato di Ama, Salvatore Cappello, che in una lunga intervista ha dichiarato: «Non conosco capitali europee che abbiano il 65 per cento di differenziata. Il limite di legge è irrealistico». Puntuale la ricostruzione dell’impero economico di Manlio Cerroni che con le sue aziende fa affari dalle regioni del nord fino alla Sicilia e alla Campania. Gli autori sono andati anche a Pisoniano paese natale dell’avvocato dove un anziano signore racconta: «Qui un tempo si viveva di olive e di vigna. Era tutto coltivato. Ma quando l’agricoltura è entrata in crisi sono corsi tutti da Cerroni».

EMERGENZA!

Un estratto dal primo capitolo del libro "Roma come Napoli – Il malaffare di politica e signori della monnezza che mette in ginocchio il Lazio e la Capitale" di Manuele Bonaccorsi, Ylenia Sina e Nello Trocchia (Rx Castelvecchi).

Che Paese è quello dove il più essenziale tra i servizi pubblici, la raccolta dei rifiuti, diventa un’emergenza? Dove i Comuni, le Regioni, il governo, per risolvere il più antico tra i problemi delle città – la pulizia e l’igiene – devono sospendere l’applicazione delle leggi? Assolversi dal rispettare le regole che stabiliscono i criteri del vivere civile? L’emergenza è l’emblema dell’Italia che cola a picco. È l’epifenomeno del cancro che sta svuotando le istituzioni del Paese. In Campania l’emergenza spazzatura è durata diciotto anni, dal 1994 si susseguono commissari straordinari, discariche fuori legge, indagini della magistratura su organi dello Stato che si macchiano di reati ambientali. In alcuni momenti a Napoli, la terza città d’Italia, si è rischiato il colera, un paradossale ritorno al medioevo. A Roma non si è giunti fino a quel punto. Non ancora, almeno. Ma la strada appare segnata. Nella degna capitale del Bel Paese sul baratro, l’emergenza rifiuti è iniziata solo cinque anni dopo rispetto alla città partenopea. Era il 1999, a Palazzo Chigi c’era Massimo D’Alema, al Campidoglio Francesco Rutelli, negli Stati Uniti il presidente era ancora Bill Clinton. Dodici anni dopo eccoci allo stesso punto. Poteri straordinari per risolvere la crisi determinata dalla chiusura di Malagrotta. L’uomo a cui il sindaco e la governatrice della Regione Lazio – la strana coppia Polverini-Alemanno, incapace di affrontare la questione per tempo – ha consegnato la gestione dei rifiuti, si chiama Giuseppe Pecoraro, il prefetto della capitale. Lo è dal 2008, quando la carica di rappresentante del governo a Roma viene sottratta a Carlo Mosca, colpevole di essersi opposto alla schedatura delle impronte digitali dei bambini rom, voluta dall’allora ministro di ferro Roberto Maroni.

I poteri di Pecoraro sono straordinari davvero. Il prefetto potrà non applicare le norme del testo unico ambientale (Decreto legislativo 156/2006) che riguardano la Valutazione ambientale strategica, la Valutazione di impatto ambientale e il Piano regionale dei rifiuti. Saltano le leggi che stabiliscono l’iter per l’approvazione di impianti di smaltimento e la bonifica dei siti contaminati. Si sospende l’applicazione di buona parte del decreto legislativo n. 36 del 2003, che recepisce le direttive europee in merito alle discariche di rifiuti, stabilisce quali sostanze possano legalmente essere gettate in discarica e le procedure per autorizzarne l’apertura. Con esso viene sospeso anche il decreto ministeriale del 27 settembre 2010, che regola «l’ammissibilità dei rifiuti in discarica». In particolare, l’ordinanza cancella l’applicazione dell’articolo 1, secondo il quale: «I rifiuti sono ammessi in discarica, esclusivamente, se risultano conformi ai criteri di ammissibilità della corrispondente categoria di discarica secondo quanto stabilito dal presente decreto». E nessuno controllerà, perché spariscono anche le «verifiche di conformità dei rifiuti». Insomma, nelle discariche d’emergenza potrà andare un po’ di tutto. Ancora: non è previsto nessun obbligo di rispettare le «norme sul diritto di accesso agli atti amministrativi» (Legge n.241/1990). Tra queste l’articolo 9, secondo il quale: «Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento». In parole povere, gli atti del commissario sono segreti. Continuiamo: via le norme sull’espropriazione per pubblica utilità, cancellati 45 articoli del codice degli appalti pubblici; derogate le norme «sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive»; sospeso il Codice dei beni culturali, che sottopone alcuni interventi edilizi all’autorizzazione del ministero dei Beni Culturali; via ancora l’unica legge regionale del Lazio sui rifiuti (Legge 30 luglio 1998). E via derogando. Pecoraro potrà agire «al di sopra della legge». E poiché le leggi non sono uno scherzo, ma servono a difendere beni indisponibili dei cittadini (la salute sopra tutti), c’è da preoccuparsi.

Con questa «licenza di uccidere» le leggi, Pecoraro dovrà fare ciò che la presidente della Regione e il sindaco non sono stati capaci di fare: trovare un nuovo invaso che sostituisca Malagrotta, ormai destinato alla chiusura. Polverini e Alemanno per mesi hanno annunciato la chiusura della discarica di Roma, con manifesti, dichiarazioni, proclami solenni. «Entro una settimana avremo delle risposte sul problema Malagrotta», dichiarava il sindaco il 17 settembre del 2009. È la politica dell’annuncio. Alla quale, però, sono seguite le proroghe all’uso dell’invaso. Alla fine i due leader del Pdl si sono messi a fare un antico gioco da bambini: lo scaricabarile. Polverini diceva: «Attendiamo una lista di siti idonei dal sindaco Gianni Alemanno». Alemanno rispondeva: «Serve un sito non facente parte del comune, altrimenti ci sarebbe il paradosso di avere lo smaltimento dell’enorme massa dei rifiuti nelle aree più antropizzate». Polverini ribatteva: «Se il Comune ritiene di dover comunicare alla Regione che non ha trovato un sito è chiaro che ce ne occuperemo noi». Intanto il tempo passava. E si avvicinava l’emergenza.

Come non comprenderli, Alemanno e Polverini. Nessuno dei due vuole scontentare con nuovi buchi nauseabondi i propri elettori. Malagrotta, a Roma, è un marchio di origine controllata: vuol dire puzza, veleni. Stormi di gabbiani, ma senza il rumore del mare. Le elezioni si avvicinano e già Alemanno, tra parentopoli, buchi di bilancio e rimpasti di giunta, ha già troppi problemi per mettersi in guerra coi cittadini di un municipio della capitale. Anche l’ex sindacalista dell’Ugl catapultata in politica aveva altri pensieri: ad esempio garantire i vitalizi agli assessori «non eletti» della giunta, per tenere in piedi la sua fragile maggioranza. Quindi, nessuna decisione. Alla fine, nel momento delle scelte improrogabili, l’accordo è stato semplice: lasciare la patata bollente nelle mani di uno che non deve essere rieletto, un prefetto.

Si poteva evitare questa conclusione? Certo. Sarebbe bastato concentrare tutti gli sforzi nella raccolta differenziata, nel «porta a porta», e nella costruzione di impianti di trattamento moderni. Roma è fanalino di coda, tra le grandi capitali europee, per il riciclo. E gran parte del suo pattume va dritto in discarica, così come scaricato dai cassonetti. Servono dei soldi per cambiare rotta, certo. Ma i fondi pubblici si spendevano per sistemare «parenti e amici», per vitalizi, per appalti, consulenze e assunzioni utili a cementare il potere clientelare dei potentati della Destra al governo. Dopo le comunali, le europee, e poi le regionali, e poi le politiche e le nuove comunali. Di urna in urna, di favore in favore, si arriva alla crisi. La chiamano emergenza spazzatura, ma ad essere in emergenza è solo la politica.

La débâcle del Centrodestra nel Lazio ce la racconta nei dettagli un esponente molto importante del Pdl romano, che preferisce rimanere anonimo. Ormai è prossimo ad abbandonare il partito, dice di non poterne più di Renata Polverini, «una che decide tutto da sé, un tempo ascoltava solo Berlusconi, ora neppure lui». E di Alemanno, che ha soprannominato «Retromanno, per la sua incapacità di prendere qualsiasi decisione senza poi rimangiarsela e tornare indietro sui suoi passi». L’esponente politico ha deciso di chiamarci, di sua spontanea volontà: sta già pensando di cambiare casacca, di sostenere il presidente Pd della Provincia Nicola Zingaretti alle prossime elezioni comunali – «anche perché la sconfitta del Centrodestra è sicura», ci dice. Ma per ora preferisce non esporsi, non è ancora il momento dell’annuncio. «Quando Alemanno vince le elezioni a Roma si monta la testa. Lo capisco, avevamo espugnato il nemico nella sua fortezza. Ma lui pensò di essere un re, di avere la strada segnata per scalare il Pdl», dice la nostra «gola profonda». «Alle europee del 2009 Alemanno è convinto di sfondare. Mobilita tutto il partito romano, non solo quelli della sua area, per sostenere il “suo” candidato Potito Salatto, che aveva gestito le liste civiche a suo sostegno alle comunali. Gli va malissimo, Salatto a Roma prende appena 34mila voti e arriva sesto della lista per preferenze, prima di passare con Fini, in Fli». Per la marcia trionfale del neosindaco è uno stop inatteso. «Alemanno va su tutte le furie, crede di essere contornato da nemici. E prepara la vendetta per le regionali del 2010». E i problemi della città, le discariche, i rifiuti? «Passano in secondo piano. In realtà Alemanno aveva avuto l’idea che avrebbe risolto tutto: la nuova discarica di Allumiere. Ci hanno lavorato le teste migliori del partito per mesi».

Nel dicembre del 2010 il sindaco firma col ministro della Difesa Ignazio La Russa un protocollo per realizzare in un’area militare a Nord di Roma, nel territorio del comune di Allumiere, un nuovo invaso e una «città dei rifiuti», con gli impianti di trattamento. «Allumiere ha quattromila abitanti, le prime case del paese stanno a dodici chilometri dal sito scelto, e lì arriva perfino la ferrovia. Avremmo potuto trasportare i rifiuti con i treni merci. Ci saremmo tolti i monopolisti privati dai piedi, avremmo potuto anche abbattere la tariffa pagata dai cittadini. Era una scelta perfetta». La notizia, tenuta in gran segreto tra pochi politici e amministratori del Pdl, viene «sbattuta in prima pagina» da «la Repubblica» il 2 marzo 2011. «A quel punto succede l’impensabile. La Polverini si butta a muso duro contro il progetto, lo boccia senza appello. E “Retromanno” che fa? Si tira indietro, smentisce tutto». Ciò che l’esponente del Pdl non ricorda è che la scelta di Allumiere non era di certo così «perfetta»: nella zona c’erano infatti importanti vincoli paesaggistici. Ma quel che conta è ciò che il nostro interlocutore ci dice alla fine della conversazione. «Alemanno e Polverini si stanno distruggendo tra loro. Litigano su tutto, sono in guerra costante. Non parlano tra loro, al massimo si scrivono lettere sui giornali. La conseguenza è che non riescono a decidere niente». Il gioco delle assunzioni nella municipalizzata viene condotto da Panzironi, amministratore delegato dell’Ama, sodale di Alemanno. Il sindaco di Roma, va precisato, non è indagato nell’affare della Parentopoli in Ama e Atac, scoppiato all’inizio del 2011. E ha dichiarato: «Se fosse provata la mia responsabilità mi dimetterei immediatamente».

Cronaca di un’emergenza annunciata

Per capire il «disastro della spazzatura» occorre tornare indietro di qualche anno. Nel 1999 la Regione Lazio entra in «emergenza rifiuti». La logica è sempre la stessa. Si ripeterà esattamente dodici anni dopo. Cambiano i politici, cambiano le maggioranze – allora Centrosinistra, dopo oltre un decennio Centrodestra. Ma la materia è la stessa. La stessa politica incapace di scelte e di soluzioni, lo stesso monopolista privato. È il febbraio 1999 quando il governo di Massimo D’Alema dichiara lo stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti a Roma e in provincia. L’allora presidente dell’Ama (Azienda municipale ambiente, che nella capitale si occupa della raccolta dei rifiuti), Gianni Orlandi, l’assessore comunale all’Ambiente Loredana De Petris (Verdi) e quello regionale Giovanni Hermanin (Margherita), chiariscono che il commissariamento «servirà per accelerare le procedure per realizzare e potenziare l’impiantistica». Falso, il ciclo di impianti immaginato allora non sarà realizzato nemmeno un decennio dopo. Il quadro viene completato nel luglio di quel 1999. Con un’ordinanza l’allora ministro dell’Interno Rosa Russo Iervolino – successivamente coinvolta nel disastro rifiuti napoletano, in qualità di sindaco partenopeo – affida a un commissario l’uscita della Regione Lazio dall’emergenza pattume. Il commissario era il presidente della Regione, il giornalista Piero Badaloni, in quota Centrosinistra. Come da prassi la politica, incapace di decidere per via ordinaria, commissaria se stessa e poi si affida il nuovo incarico. E come se decidessimo di cambiare la scuola di nostro figlio mandandolo a ripetizione dallo stesso corpo docente, ma privatamente. Non cambia nulla, ma si possono bypassare le regole.

Per giustificare l’emergenza si usa la scusa del «grande evento» a cui Roma si prepara da anni: il Giubileo. «Occorre procedere – recita l’ordinanza – all’immediato avvio di interventi straordinari, al fine di tutelare la salute pubblica e l’ambiente, in quanto l’attuale sistema infrastrutturale delle discariche esistenti, degli impianti per il trattamento dei rifiuti e il sistema della raccolta differenziata sono insufficienti rispetto alla enorme quantità di rifiuti che verranno prodotti in occasione del Giubileo». L’emergenza nasce per dare risposte a quell’evento, ma si comprende presto che superato l’Anno Santo la straordinarietà diventerà normalità. Le deroghe favoriscono abusi e corsie preferenziali. Tutto in nome di un problema urgente da risolvere, che spesso viene creato ad hoc. Il trucchetto ormai lo conoscono tutti, grazie all’operato dell’«uomo delle emergenze», l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, finito al centro dello scandalo sulla «cricca». Negli anni Novanta nel ruolo dei «Bertolaso» nel Lazio, troviamo tutto il Centrosinistra. Come abbiamo detto l’allora presidente della Regione, nominato commissario, era Badaloni. Al Campidoglio c’era Francesco Rutelli. L’opposizione grida allo scandalo.

Oggi sappiamo che pochi anni dopo il Centrodestra seguirà la stessa strada, e farà dell’emergenza uno stile di governo: il «governo del fare». Ma allora An e Forza Italia minacciano l’Aventino. Francesco Storace, futuro governatore del Lazio, Franco Frattini, futuro ministro degli Esteri, nel 1999 scrivono al responsabile della Giustizia, che in quell’anno era il comunista Oliviero Diliberto. Chiedono di sapere «quali iniziative intenda intraprendere a tutela della magistratura romana che, alle prese con un’indagine sulla gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio, appare soggetta a fortissime pressioni del governo. Che intende, attraverso provvedimenti ad hoc, affidare all’inquisito presidente della Regione Lazio, Piero Badaloni, proprio la gestione dei rifiuti durante il Giubileo». Nell’interrogazione si chiede inoltre se il Guardasigilli «non intenda sollevare in Consiglio dei ministri una questione di opportunità politica rispetto a una “mossa” dal chiaro tenore intimidatorio». Storace e Frattini, nei panni degli strenui difensori della legalità e dei magistrati, si riferiscono a un’indagine della Procura di Roma che indagava sull’affare rifiuti. I carabinieri del Noe avevano infatti appurato che la discarica di Malagrotta era sprovvista di autorizzazioni sin dal 1987. Alla fine non ci fu nessuna conseguenza penale per l’allora governatore della Regione Lazio.

L’autorizzazione definitiva per la discarica dell’avvocato Cerroni arriva pochi anni dopo, nel 2001. Solo che a firmarla c’è un nuovo commissario, il neopresidente della Regione Francesco Storace. Gli scherzi del destino raccontano che Malagrotta, «regolarizzata» nel 2001, dal 2008 sarà nuovamente utilizzata in proroga, per manifesta incapacità della classe politica. Lo stato d’emergenza, non termina quindi, come previsto inizialmente, alla fine dell’Anno Santo, il 31 dicembre del 2000. Con l’emergenza ci si prende gusto, e la nuova giunta regionale (Storace) e comunale (Veltroni), non intendono rinunciare ai voluttuosi poteri straordinari. Al contrario l’emergenza cresce, si allarga: nel maggio 2002 viene estesa anche alle altre province del Lazio, coinvolgendo di fatto l’intera regione.

Nel 2005 subcommissario all’emergenza era Marco Verzaschi. Tutto il suo passato è legato ai rifiuti: consigliere democristiano a Roma nel 1986, entra poi nel cda dell’Amnu, la progenitrice dell’attuale Ama. Nel 2000 diventa assessore all’Ambiente della giunta Storace, nel 2002 e fino al 2005 passa alla Sanità. Ma al ruolo di responsabile degli ospedali pubblici e convenzionati Verzaschi somma quello di vicecommissario all’emergenza spazzatura. Si occupava di sale operatorie e farmaci, ma pensava al pattume, con mirabolanti doti di certi politici. Nel marzo 2005, all’ultimo momento utile, una settimana delle elezioni, Verzaschi firma due ordinanze fondamentali, la n.14 e la n.16, che prendono il suo nome: con la prima autorizza l’allargamento della discarica di Malagrotta verso il centro abitato; con la seconda dà il via libera a Manlio Cerroni per la costruzione di un gassificatore di rifiuti all’interno della stessa discarica: un investimento da oltre 300 milioni di euro. Attenzione, le date sono importanti e i passaggi avvengono a distanza di pochi mesi. Nel luglio del 2005 Verzaschi passa all’Udeur. L’anno successivo diventa sottosegretario alla Difesa nel governo Prodi, ma lascia l’incarico nel dicembre 2006. Tre giorni dopo le dimissioni finisce ai domiciliari, accusato di corruzione e concussione per lo scandalo della Sanità laziale (il processo che lo riguarda è ancora al primo grado).

Con le elezioni del 2005, al duo Storace-Verzaschi subentra la coppia Marrazzo-Di Carlo. Il primo, il presidente, è il giornalista-politico che sarà travolto dallo scandalo dei trans (costretto a dimettersi nel 2010). Del secondo, assessore con delega anche ai Rifiuti, recentemente scomparso, resta memorabile il siparietto nel fuorionda di Report, quando confessò le mangiate di coda alla vaccinara con Manlio Cerroni: «Quello è uno all’antica, con chi vuoi che se le andava a mangiare le code, con Caltagirone?». Di Carlo ha sempre ammesso di avere un’amicizia fraterna con Cerroni. Molti sottolineano che è meglio gestire i rapporti politici alla luce del sole che nei sottoscala.

«Di Carlo era un uomo perbene, forse spaccone qualche volta, ma leale», racconta chi lo ha conosciuto. Perbene, certo. Ma meglio non occuparsi di spazzatura se frequenti il re del pattume romano che ti immagina – lo ammette lo stesso Di Carlo – «suo successore». Sarà un caso ma Marrazzo, che durante la campagna elettorale aveva promesso di bloccare l’iter del gassificatore di Malagrotta autorizzato da Verzaschi, si rimangia presto la promessa. Il presidente-giornalista fa anche un altro disastro: decide la costruzione di un secondo gassificatore ad Albano. A realizzarlo e gestirlo, senza gara d’appalto, grazie ai poteri emergenziali, sarà un consorzio formato dalle aziende pubbliche Ama e Acea e dal solito Cerroni (il progetto sarà bloccato dal Tar nel 2010 e mentre scriviamo si attende il responso del Consiglio di Stato). All’impianto dei Castelli Romani Marrazzo dedica buona parte del decreto con cui viene chiusa l’emergenza rifiuti nel Lazio. Siamo nel 2008, l’emergenza era iniziata nel 1999. Doveva durare nove mesi. Finisce nove anni dopo.

Emergenza inutile

Nove anni, 1999-2008: in mezzo i poteri speciali, le deroghe, l’emergenza. E decine di milioni di euro spesi durante la gestione commissariale. I risultati? Eccoli: il decreto Ronchi del 1997 stabiliva gli obiettivi di raccolta differenziata. Le Regioni dovevano raggiungere, entro il 2003, il 35 per cento. Dopo un decennio di emergenza, il Lazio è fermo al palo. I dati del 2008 confermano un misero 12,9 per cento. Solo nel 2009 il Lazio raggiungerà l’obiettivo fissato dalla legge per il 1999: il 15 per cento. Nello stesso anno la Campania, raggiunge il 29,3 per cento. Tra gli obiettivi della legge c’è anche la riduzione dei rifiuti prodotti. Nel 1999 la produzione di rifiuti urbani nel Lazio era pari a 2.755.485 tonnellate, di cui 2.131.514 solo a Roma e provincia. Dieci anni dopo sarà cambiato qualcosa? Sì, ma in peggio. La produzione di rifiuti nel Lazio, nel 2008, raggiunge tre milioni e 344mila tonnellate. Il rapporto Ispra, presentato nel luglio 2011, spiega dove finisce questa massa di rifiuti: «La sola provincia di Roma smaltisce in discarica oltre due milioni di tonnellate di rifiuti, di cui circa 1,5 milioni solo nel comune di Roma». Chi guadagna è presto detto: Manlio Cerroni. L’avvocato guarda la politica incapace e ingrassa aumentando il suo business.

Eppure aumentare la differenziata conviene. Una tonnellata in meno nella mega cloaca di Manlio Cerroni significa, al costo attuale, circa 70 euro in più nelle casse del Comune di Roma. Inoltre la carta, la plastica e l’alluminio riciclati sono una risorsa. Il recupero, poi, significa riduzione delle emissioni di Co2 nell’ambiente. Nel 2008 un rapporto di Mediobanca, realizzato per Civicum, chiarisce l’economicità del modello. «Il costo per tonnellata raccolta è al vertice a Napoli (281 euro), seguita da Roma (258 euro), mentre è minimo a Brescia (114 euro). In generale, laddove la raccolta differenziata supera il 30 per cento, il costo medio per cittadino risulta più contenuto (120 contro 156 euro)».

Viene il dubbio se sia incapacità o ci sia del dolo. Se commissari e amministratori «ci sono» o «ci fanno». Marco Verzaschi negli ultimi giorni di vita della giunta Storace firma l’ordinanza che autorizza la realizzazione del gassificatore di Malagrotta. Sarà pronto in pochi mesi. Ci vorranno anni, invece, per l’ok regionale all’allargamento di Maccarese dove c’è l’unico impianto di compostaggio che serve la capitale. Riceve 130 tonnellate al giorno di rifiuti, ma ne può trattare solo 80. E se fai la differenziata, ma non ci sono gli impianti, alla fine è come seminare su un terreno arido. L’impianto di compostaggio servirebbe a trattare l’umido, gli scarti alimentari, che soprattutto nelle regioni centro-meridionali rappresentano il 30 per cento dei rifiuti. La prima differenziazione, infatti, consiste proprio nel separare il secco dall’umido, evitando di portare in discarica la parte di rifiuto destinata a marcire e produrre il pericoloso liquido derivato dalla decomposizione della spazzatura: il percolato. Eppure nel dibattito pubblico nessuno ha mai invocato la parola magica «compostaggio». Nessuno ha mai dichiarato l’emergenza per costruire questi impianti, poco costosi ma assai utili. Le parole più in voga tra i commissari straordinari sono invece «inceneritore» e «discarica».

Tratto da "Roma come Napoli" di Manuele Bonaccorsi, Ylenia Sina e Nello Trocchia. Edito da Castelvecchi Rx © 2012 Lit Edizioni Srl.

mercoledì 14 marzo 2012

Rifiuti: Roma a un passo da emergenza, e' 'caccia' a sito alternativo a Malagrotta/Il Punto (4)

Cronaca

(Adnkronos) - Il minisindaco ricorda le battaglie contro Malagrotta e che la discarica piu' grande d'Europa ha gia' pesato in termini ambientali su quel quadrante della citta'. "Ci sono decenni di lotte e di battaglie - afferma Paris - Questa e' un'ipotesi fuori dal mondo anche perche' l'Unione europea ha gia' proceduto da tempo con un'istanza di infrazione e una multa e obbligo di chiusura della discarica di Malagrotta visto che le falde acquifere sono profondamente inquinate".

"Scegliere Monti dell'Ortaccio, a pochi metri da Malagrotta, vuol dire consolidare Malagrotta - precisa - e sarebbe un crimine che quella popolazione non puo' sopportare".

Dopo il vertice di ieri, dice Paris, solo silenzio da Alemanno e dalla presidente della Regione Lazio Renata Polverini, mentre continuano i contatti con i Comitati di quartiere, da tempo protagonisti di "manifestazioni pacifiche" contro la discarica: "Ma se la situazione diventa insostenibile - avverte il presidente del municipio XV - prevedo forme di protesta davvero eclatanti". Secondo Paris bisognerebbe piuttosto guardare a "Piano dell'Olmo: fu il primo sito individuato e poi escluso. E' una zona poco abitata e se e' vero che la discarica definitiva si fara' a Fiumicino, servira' come sito provvisorio per un p

Le ipotesi Tutti vogliono evitare una «Napoli bis». Le opzioni: proroga o Monti dell' Ortaccio a Valle Galeria

E a Roma c' è un' area con le carte in regola

Tira una brutta aria, a Valle Galeria: da tempo, a causa della discarica di Malagrotta, ma adesso anche per via di questa corsa contro il tempo che, da qui a breve, di certo entro giugno, porterà il ministro Clini a scegliere il sito dove far confluire - in attesa di una raccolta differenziata con percentuali migliori delle attuali... - parte dei rifiuti di Roma. Nelle ultime ore spunta una nuova proroga (di sei mesi) per la vecchia discarica. Ma forse non è un caso se i politici, quasi di ogni schieramento - da Di Stefano (Pd) a Santori (Pdl), da Nieri (Sel) a Maruccio (Idv) - invitano per tutto il giorno di ieri a «non abbandonare i cittadini» di quella zona, a «non pensare di risolvere tutto con Monti dell' Ortaccio», e via così. Perché, forse, se Roma è ridotta a questa fase di imminente emergenza, tra i siti a disposizione proprio Monti dell' Ortaccio è indicato da più parti come il candidato numero uno. Ipotesi, al momento, sia chiaro: ma di certo si tratta di quarantasette ettari, argillosi, che da un punto di vista tecnico secondo molti rappresentano i più idonei a sostituire, almeno temporaneamente, il vuoto lasciato da Malagrotta. E c' è un altro dato, che ha a che fare con la tempistica: il sito, secondo alcuni tecnici, potrebbe essere pronto nel giro di sessanta giorni, due mesi. Certo, in quella zona gli impianti industriali - e il fetore, e le conseguenze per la salute dei cittadini - non mancano. E poi sia il sindaco Gianni Alemanno sia il presidente del Lazio Renata Polverini, hanno usato parole definitive riassumibili, più o meno, con lo slogan: «Mai più una nuova Malagrotta». Solo che adesso, con l' intervento del ministero, la sensazione è che una soluzione sarà trovata davvero: e in fretta. E sull' orlo dell' emergenza, si sa, non esiste rimedio indolore. Tra le ipotesi alternative, potrebbe esserci Pizzo del Prete (150 ettari in zona Fiumicino, ma due anni di lavori). O anche quelle - in realtà remote e costose - di impacchettare i rifiuti e metterli sui treni diretti al Nord, o sulle navi. Di certo, la vicenda rifiuti è arrivata qui: con una differenziata che, in città, ha cinque metodi di raccolta e risultati di molto inferiori a quelli prefissati (siamo neanche al 20 per cento). Così, il nuovo sito potrebbe essere quello vecchio, o uno lì accanto. In ogni caso, a Valle Galeria, sempre di più, tira una brutta aria. Alessandro Capponi RIPRODUZIONE RISERVATA **** 18L' obiettivo di arrivare al 65 per cento di raccolta differenziata appare lontanissimo: nel Lazio è intorno al 20, a Roma vicino al 18

Capponi Alessandro

lunedì 12 marzo 2012

‎12 Marzo 2012 - 12:36

(ASCA) - Roma, 12 mar - ''Il 22 marzo si svolgera' una riunione presso il Ministero dell'Ambiente per fare il punto in merito alla valutazione tecnica di questo gruppo di lavoro e per procedere in modo tale che la soluzione transitoria possa essere di garanzia per tutti, efficiente ed effettivamente transitoria''. A dirlo il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, al termine del tavolo tecnico sull'emergenza rifiuti nella capitale sottolinenado che con l'istituzione della struttura tecnica di supporto il Ministero punta a svolgere una funzione di assistenza al Commissario prefettizio. Clini ha sottolineato che si sta lavorando in collaborazione con tutti

12 Marzo 2012 - 11:01

(ASCA) - Roma, 12 mar - C'e' anche Stefano Pedica, senatore dell'Idv, tra coloro che stanno protestando dinanzi al ministero dell'Ambiente, dove e' in corso un vertice tra il ministro Corrado Clini e i rappresentanti degli enti locali e regionali di Roma e del Lazio, per individuare i siti alternativi alla discarica di Malagrotta. Pedica, parlando con i cronsiti, ha spiegato che in questo momento sul tavolo del ministro si stanno leggendo ''delle carte false, taroccate'' mentre loro dispongono di studi che ben fotografano la realta' delle zone individuate per le discariche. Pedica ha tenuto a sottolineare che al tavolo in questo momento non sta sedendo alcun rappresentante di alcun comitato e ha spiegato che hanno consegnato i loro documenti che ha definito ''della legalita'''.

12 Marzo 2012 - 10:44

(ASCA) - Roma, 12 mar - Presidio di manifestanti davanti al Ministero dell'Ambiente, dove sta per entrare nel vivo il vertice per l'individuazione di un sito per una nuova discarica a Roma tra il ministro Corrado Clini, il prefetto di Roma e Commissario all'emergenza Rifiuti Giuseppe Pecoraro, il sindaco Gianni Alemanno, la governatrice del Lazio Renata Polverini e il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. Sono circa 200 i manifestanti che all'arrivo del prefetto Pecoraro lo hanno insultato dandogli del 'buffone' e inscenando una protesta contro di lui. Il prefetto, avvicinato dai cronisti, ha detto che ''da parte mia non c'e' alcun ripensamento'' visto che non ci sono alternative. Relativamente al fascicolo aperto dalla Procura, Pecoraro ha detto: ''Non sono preoccupato''.

A manifestare sono una serie di organizzazioni e comitati che si oppongono ai siti individuati dal prefetto come possibili discariche una volta che Malagrotta verra' chiusa.

I manifestanti hanno anche indirizzato cori di protesta contro Renata Polverini.

12 Marzo 2012 - 13:11

(ASCA) - Roma, 12 mar - ''Quello che non possiamo permetterci e' che per ragioni varie fondate da un punto di vista ambientale ma molto di piu' sostenute da ragioni politiche, si possa rischiare una reale emergenza rifiuti a Roma''. A dirlo il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, al termine della riunione tecnica nella sede del dicastero. ''Non ce lo possiamo permettere - ha aggiunto - non lo vogliamo e faremo di tutto per impedirlo''.

12 Marzo 2012 - 13:11

(ASCA) - Roma, 12 mar - ''Il gruppo di lavoro e' composto delle istituzioni che rappresentano i cittadini, compresi quelli che sono nei comitati''. Cosi' il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha risposto a chi gli chiedeva chi fara' parte della struttura che nei prossimi giorni esaminera' la questione dell'emergenza rifiuti a Roma.

''Questo gruppo di lavoro - ha aggiunto il ministro - raccogliera' tutte le documentazioni e le informazioni, per altro quelle dei comitati non ben note e gia' ampiamente acquisite''.

sabato 10 marzo 2012

IL CASO

Rifiuti, il ministro Clini
convoca tavolo sull'emergenza

Ha fissato per lunedì 12 marzo una riunione con Comune, Provincia, Regione e prefetto per affrontare la situazione dello smaltimento

Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha convocato per lunedì 12 marzo alle 9 una riunione per affrontare la situazione dello smaltimento dei rifiuti a Roma. All'incontro parteciperanno la presidente della Regione, Renata Polverini, il sindaco Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, commissario governativo per la chiusura della discarica di Malagrotta.

"Apprendiamo che la conferenza stampa indetta dalla presidente della Regione Lazio Polverini, in merito alla situazione verificatasi ieri nella conferenza dei servizi sul progetto della discarica a Corcolle, è stata annullata. Questo perché è intervenuta la convocazione sull'argomento rifiuti da parte del ministro" affaerma Vanessa Ranieri, presidente del Wwf Lazio.

"Apprezziamo - aggiunge - questo intervento del ministro in un momento estremamente delicato sia per il territorio sia per il buon esercizio della partecipazione dei cittadini a scelte importanti. Auspichiamo che al termine di questo percorso il capo del governo monti arrivi ad annullare il commissariamento tutt'ora in vigore nella regione, aiutando così l'attuale commissario Pecoraro ad uscire da una situazione di evidente difficoltà nella gestione e nella attuazione di scelte strategiche in materia di rifiuti nel Lazio che - conclude la nota - come Wwf consideriamo del tutto perdenti e contrarie a tutti i dettami di legge in vigore in italia e in europa
http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/03/09/news/rifiuti_il_ministro_clini_convoca_tavolo_sull_emergenza-31260950/

giovedì 1 marzo 2012

27/02/2012 LA BRACCIANO AMBIENTE SU CUPINORO


Bookmark and Share

Il presidente della Bracciano Ambiente, Marcello Marchesi, risponde sullo stato storico e attuale della discarica e sulla gestione della Bracciano Ambiente. In particolare, sulla ormai famosa “lettera” indirizzata alla Regione, al centro dell’attuale polemica politica tra l’Amministrazione comunale di Bracciano e i partiti di Rifondazione Comunista e Sel.
Presidente Marchesi, attualmente quali sono le funzionalità della discarica di Cupinoro? Qual è la cubatura totale e la tipologia degli impianti funzionanti?
«La prima autorizzazione all’apertura della discarica regionale di Cupinoro è stata rilasciata nel 1991. Dal 1991 al 2004 è stata gestita da privati. Nel giugno 2004, la gestione è stata affidata alla Bracciano Ambiente SpA, società interamente partecipata dal Comune di Bracciano. A Cupinoro, complessivamente dal 1991, sono stati smaltiti circa 2,3 milioni di metri cubi, di cui 600.000 circa dalla presa in gestione da parte di Bracciano Ambiente. La volumetria è in corso di esaurimento, residuano circa 60.000 metri cubi. Attualmente l’area in concessione occupa una superficie complessiva pari a poco più di 52 ettari, di cui circa 10 destinati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mentre la ulteriore superfici, pari a circa 42 ettari, è destinata all’area di sviluppo tecnologico, agli uffici ed alle aree di manovra. Gli impianti tecnologici già realizzati sono l’impianto di estrazione e sfruttamento del biogas prodotto dalla discarica e l’impianto di trattamento del percolato di discarica, alimentato con calore dell’impianto di cogenerazione del biogas. Un altro impianto di proprietà della società pubblica è l’Isola Ecologica, che si trova presso la Strada Vicinale della Polveriera, dove i cittadini di Bracciano possono consegnare gratuitamente tutti i materiali differenziati, anche ingombranti, da avviare a recupero alle piattaforme autorizzate. Questa società ha anche pubblicato il bando di gara per la realizzazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 1,5 mw circa, da implementarsi su una superficie adiacente alla discarica, non altrimenti utilizzabile, e di un ulteriore impianto da porre in opera sulla copertura della sede operativa di via Archimazzasette, per il soddisfacimento dei bisogni energetici degli uffici. Il piano industriale prevede che nel 2012 realizzeremo gli impianti già autorizzati dalla Regione Lazio:
1. un impianto di trattamento della FORSU (frazione organica da rifiuto solido urbano, il c.d. umido) da 30.000 tonnellate/anno, che produrrà ulteriore biogas per mezzo di un digestore anaerobico. Si consideri che oggi il conferimento della frazione umida presso impianti privati costa ai cittadini di Bracciano circa 100 € a tonnellata, oltre IVA.
2. un impianto di preselezione di ultima generazione con TMB (trattamento meccanico biologico), già autorizzato a cui saranno apportate modifiche secondo le più innovative tecnologie di trattamento, che consentirà, alla data del 31 dicembre 2012, la cessazione di ogni conferimento di rifiuto indifferenziato presso la discarica di Cupinoro.
Nel 2012, intendiamo anche realizzare un impianto multi-materiale per il trattamento, la raffinazione e la valorizzazione dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata (carta, plastica, metalli), con annessa piattaforma di conferimento autorizzata dal CONAI».
Può chiarire le motivazioni della lettera inviata dalla Bracciano Ambiente il 23 novembre 2011 alla Regione Lazio, in merito ad impiantistica e volumetria della discarica?
«La nota tecnica n. 167 del 23 novembre 2011 è già stata oggetto di una comunicazione dedicata, inviata al Consiglio Comunale e pubblicata nella sezione documenti del nostro sito, a cui è bene rinviare per ogni approfondimento della questione.
Tuttavia, per evitare che se ne faccia ulteriormente un uso strumentale, è opportuno ribadire che questa società pubblica non ha mai presentato alcuna domanda, né progetto, per l’apertura di una nuova discarica se pur per residuo inerte, il così detto “sovvallo”.
Abbiamo più volte detto che questa scelta spetta ai cittadini e al Consiglio Comunale che li rappresenta. Il nostro compito è non precludere ai cittadini la possibilità di scelta e descrivere lo stato attuale e gli scenari futuri. Francamente, sorprende che il significato di tale atto sia stato così grossolanamente frainteso, specie da chi si professa competente in materia, poiché è universalmente noto che l’autorizzazione all’apertura di una discarica è regolata da una procedura assai rigida e articolata, che prevede l’intervento di numerosi enti pubblici, procedura che non può certamente attivarsi con un capoverso contenuto in una nota tecnica che, incidentalmente, dia conferma dell’esistenza di una volumetria adiacente all’attuale invaso in risposta a una richiesta regionale».
Nella lettera indirizzata alla Regione si fa riferimento ad un impianto di trattamento di rifiuti con produzione CDR, autorizzato dall’AIA n. 46/07 (integrata con la Determinazione Dirigenziale A 3918/08), della quale avete chiesto e attendete revisione. La B.A. ha spesso ribadito di non voler in alcun modo costruire impianti con produzione CDR. Può dunque spiegare la finalità dell’impianto suddetto?
«Tutti i rifiuti urbani, prima di essere smaltiti, dovranno essere assoggettati a trattamento. La legge, infatti, impedisce lo smaltimento del rifiuto “tal quale”, vale a dire non preventivamente trattato meccanicamente-biologicamente, stabilizzato e reso inerte, per mezzo degli impianti di trattamento. La frazione residuale del processo di trattamento, comunemente detta “sovvallo”, costituisce solo una parte della frazione del rifiuto complessivamente trattato ed è tanto meno inquinante del rifiuto “tal quale” da potersi considerare pressoché innocua, ove smaltita osservando le vigenti norme di sicurezza. Ad oggi, nessun impianto è in grado di ridurre a zero la percentuale di materiale conferito in discarica. Infatti, i processi di selezione meccanica e di biostabilizzazione della frazione organica producono un residuo che deve essere necessariamente smaltito. Nei migliori dei casi, questo residuo è pari al 15% del materiale in ingresso. La legge, peraltro, in alternativa alla produzione di frazione inerte da destinare alla discarica o a complemento della stessa, prevede la produzione, da parte degli impianti di TMB, di combustibile da rifiuti (CDR, CDR-Q o CSS) da destinare all’incenerimento – alternativa legittimamente praticata da quindici regioni italiane – ma la cui frazione residua, la cenere, è anch’essa destinata ad essere smaltita in discarica. L’impianto di trattamento che abbiamo in mente sarà realizzato secondo la miglior tecnologia disponibile, in modo da ridurre al massimo la produzione di frazione residuale di inerte e non produrre affatto combustibile dai rifiuti da destinare all’incenerimento. In tal senso, abbiamo già detto che apporteremo al progetto originario dell’impianto ogni modifica necessaria. È importante aggiungere che il TMB non è una tecnica alternativa alla raccolta differenziata. Al contrario, il TMB è l’elemento complementare e indefettibile di qualunque ciclo virtuoso dei rifiuti. Infatti, non solo gli impianti TMB lavorano meglio con la sola frazione residua dei RSU, come dimostrano i numerosi impianti realizzati in Germania, dove la raccolta differenziata porta a porta è una pratica avviata e consolidata da diversi anni, ma la raccolta differenziata consente una maggior e una miglior differenziazione dei rifiuti rispetto a quella attuata durante le fasi di pretrattamento meccanico all’interno di un impianto TMB».
Nel caso fosse ritenuto necessario e opportuno dagli organi decisionali competenti, che cosa significherebbe lo sviluppo di ulteriore volumetria per deposito rifiuti della discarica?
«Significherebbe aver maturato un approccio al problema dello smaltimento dei rifiuti radicalmente diverso, pragmatico e conforme alle rigorose norme che disciplinano la materia. Il rifiuto è già una risorsa strategica. È fonte di ricchezza e benessere per chi abbia voglia, lavorandolo in assoluta sicurezza, di sporcarvisi le mani. In un futuro assai prossimo, si pagherà per averlo. Chiunque di noi, avendola ricevuta in eredità, abbandonasse, lasciandola ad altri, una avviata e redditizia attività di trasformazione di una qualsiasi risorsa, sarebbe considerato uno sciocco che disperde la propria fortuna al vento.
Abbandonare una tale fortuna per mere ragioni ideologiche e senza un’alternativa realistica – a mio avviso – è semplicemente folle. La disponibilità di una cava dismessa, ubicata in un’area già adibita a smaltimento e posta sotto costante monitoraggio e controllo, in cui conferire la frazione inerte da trattamento, consentirebbe lo sviluppo degli impianti esistenti e delle attività già autorizzate di trattamento e valorizzazione del rifiuto solido urbano non pericoloso, sia differenziato che indifferenziato, e la realizzazione di nuovi impianti, per mezzo dei quali affrontare le sfide del futuro sul tema ambientale.
Mancando questo elemento, viene meno la logica sottesa al processo industriale delineato da questa società negli ultimi cinque anni. In altre parole, mancando l’invaso in cui smaltire il 15% di residuo inerte da trattamento meccanico-biologico dei rifiuti, la filiera non sarebbe completa ed economicamente sostenibile, la società pubblica non potrebbe mai completare la propria trasformazione in polo industriale di eccellenza, leader nella produzione di energie alternative e nella fornitura di servizi ambientali, l’autorizzazione regionale decadrebbe e ogni sforzo profuso sarebbe vano, con le conseguenze immediatamente percepibili da chiunque in tema di occupazione, sviluppo locale e costi derivanti dagli oneri post mortem sull’invaso esistente. È opportuno ricordare, infatti, che, qualora si decidesse l’abbandono del piano industriale e la cessazione delle attività, la attuale discarica di Cupinoro non verrebbe assorbita dal terreno o trasferita altrove, ma rimarrebbe a Cupinoro, lasciando alla Città di Bracciano e alle tasche dei suoi cittadini per almeno venti anni, tutti gli oneri derivanti dalla messa in sicurezza del sito, dal costante monitoraggio dello stesso e dallo smaltimento del percolato prodotto. Al contrario, la trasformazione da soggetto passivo del ciclo rifiuti – che è costretto per ragion di stato e subire l’imposizione regionale di rifiuti incontrollati altrui sul proprio territorio – a soggetto attivo e dominante del processo di trasformazione redditizia di una risorsa cruciale nel presente e ancor più nel futuro, assicurerebbe ai cittadini proprietari dell’azienda la distribuzione di ricchezza e occupazione, garantirebbe la realizzazione di opere pubbliche e l’introduzione di nuovi servizi per la collettività, oltre il miglioramento e l’abbattimento (se non l’azzeramento) delle tariffe per i servizi pubblici locali».
In qualità di tecnico e presidente della Bracciano Ambiente, come risponde a coloro (nello specifico il Comitato Zero e i partiti locali di Rifondazione Comunista e SEL) che paventano un nuovo impianto di produzione CDR e vedono nel possibile uso della volumetria attualmente inutilizzata di Cupinoro un “ampliamento” della discarica che tradisce la missione di eco sostenibilità della BA?
«Sul CDR ho già risposto. Come gli due altri componenti del consiglio d’amministrazione, personalmente, sono fermamente contrario all’incenerimento dei rifiuti, non tanto per ragioni ideologiche ma per valutazioni economiche. Il rapporto costi-benefici è infatti, a mio avviso, sfavorevole. Detto ciò e preso atto che – ripeto – nessun impianto di trattamento è in grado di ridurre a zero la percentuale di residuo inerte, mi chiedo dove le associazioni da lei citate intenderebbero smaltire la frazione residua, a meno che non si tratti della consueta sindrome NIMBY che affligge da sempre l’associazionismo di questo Paese. Siamo tutti d’accordo che ridurre la produzione di rifiuti sia il primo, inevitabile passaggio, ma non appartiene ai compiti di questa azienda imporre modelli alternativi di consumo ai cittadini, questa società è solo l’ultimo anello della catena e può solo differenziarli e trattarli in condizioni di sicurezza per l’ambiente e gli operatori, recuperando il maggior numero di frazioni merceologiche e traendone profitto da distribuire ai cittadini. Da cittadino credo che dire semplicemente “Zero Rifiuti” e “NO” a tutto – discariche, impianti di TMB e inceneritori – significhi non essere calati nella realtà contemporanea o, più semplicemente, si tratti di asserzioni demagogiche. Nel 2007, in Europa, il 42% dei rifiuti urbani è stato smaltito in discarica, il 38% riciclato e il 20% avviato ad incenerimento. Successivamente alla Direttiva Quadro 2008/98, i Paesi considerati più virtuosi, quali Olanda, Germania, Svizzera e Danimarca, hanno incrementato il trattamento meccanico-biologico e ridotto drasticamente il conferimento in discarica (minore del 10%) a favore dell’incenerimento (che nel caso della Svizzera sfiora addirittura il 100%). Invece di opporre solo dinieghi, sarebbe auspicabile che si scegliesse uno dei sistemi europei e lo si prendesse a modello, invece di rifugiarsi nella dottrina che professa il “rifiuto del rifiuto”. Amministrare, putroppo, è molto più faticoso che teorizzare. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. In Puglia, regione governata dal presidente di SEL da sette anni, la raccolta differenziata è al 18%, esistono 14 discariche per RSU (7 in funzione e 7 in corso di realizzazione), dove viene smaltito il 74% del rifiuto raccolto, il resto finisce nei 3 inceneritori e 2 co-inceneritori (cementifici che bruciano CDR) attivi, mentre il rifiuto prodotto in futuro finirà negli altri 6 impianti recentemente autorizzati al gruppo Marcegaglia. Quanto al comitato locale Zero Rifiuti, è opportuno ricordare che la Rete Nazionale Rifiuti Zero e Greenpeace Italia hanno pubblicato nel 2005 in Italia la traduzione del rapporto di Greenpeace sulla “Gestione dei rifiuti a freddo”, in cui si sostiene che il trattamento meccanico-biologico a freddo senza produzione di CDR e con conferimento del sovvallo in discarica residuale è il miglior stato dell’arte possibile in materia di politiche ambientali. È esattamente l’impianto che noi intendiamo realizzare, quindi non comprendo cosa intendano per “missione di eco-sostenibilità”».
In che modo l’eventuale potenziamento dell’impiantistica e lo sfruttamento della volumetria “aggiuntiva” convivrebbero con il ridimensionamento della discarica (previsto dal programma elettorale 2007 dell’attuale maggioranza), che è al momento al centro della polemica sul futuro di Cupinoro?
«La realizzazione degli impianti, come ho detto, trasformerebbe la società in un polo industriale di eccellenza, di proprietà pubblica, per i servizi ambientali e per lo sfruttamento di energie rinnovabili. I due impianti consentirebbero di abbattere almeno dell’80% la quantità e le potenzialità inquinanti del rifiuto da smaltire, che sarebbe costituito da sola frazione inerte, senza alcun rischio di tipo ambientale e sarebbero fonte di ricchezza per la proprietà. Non essendo un politico, non so dare risposta alla domanda relativa al programma elettorale. Da cittadino dotato di comune buonsenso posso aggiungere che, nell’attuale contesto di emergenza nazionale, leggere una proposta che preveda la trasformazione della società per azioni in azienda speciale, cui affidare i servizi pubblici, con contestuale abbandono della attività di trattamento dei rifiuti, accompagnate dalla promessa di un incremento dell’occupazione, mi strappa un sorriso per l’ingenuità di tali affermazioni, da parte di chi, evidentemente, non ha mai letto il bilancio di questa società. Tale proposta, oltre a non essere – a mio avviso – realisticamente praticabile, comporterebbe, quali prevedibili conseguenze per la Bracciano Ambiente:
a) crollo del fatturato da circa 13.000.000 di euro annui a 2.000.000 di euro annui, stimabili nel ricavo attuale derivante dai soli servizi attualmente resi in house al Comune di Bracciano e al lordo di ulteriori interventi legislativi in tema di liberalizzazioni del settore servizi pubblici;
b) irrealizzabilità degli impianti di trattamento e valorizzazione dei rifiuti urbani, già oggetto di autorizzazione regionale in corso di rinnovo, a causa della impossibilità di accesso al credito per manifesta insostenibilità del piano industriale, privo dell’elemento essenziale dell’impianto residuale di smaltimento (a costo zero) della frazione inerte da trattamento;
c) messa in mobilità di circa il 90% dei lavoratori presenti in discarica, fatto salvo il 10% dedito alla manutenzione degli impianti esistenti ed alla vigilanza e sicurezza dell’invaso post mortem;
d) messa in mobilità di circa il 70% del personale addetto agli uffici amministrativi, a causa della contrazione degli ordini e della complessiva riduzione del fabbisogno di forza lavoro;
e) messa in mobilità di circa il 40% degli addetti alla raccolta differenziata e indifferenziata dei rifiuti, a causa della necessaria riorganizzazione del servizio, ispirata a criteri di estrema economicità dello stesso, in conseguenza della impossibilità ulteriore di compensazione delle partite di bilancio relative alle diverse attività produttive;
f) elevatissimo rischio di accesso a procedure concorsuali.
Quanto alle prevedibili conseguenze per i cittadini:
a) presa in carico da parte del Comune (e, quindi, dei cittadini) dei costi relativi, stimabili in circa 18.000.000 di euro per i prossimi venti anni, alla gestione post mortem del sito di Cupinoro, i cui dovuti accantonamenti non sono stati effettuati, durante la dissennata gestione del sito da parte dei diversi soggetti privati succedutisi, dal 1991 al 2004;
b) incremento della tariffa per rifiuti solidi urbani stimabile (per difetto) nel triplo di quella attualmente versata, a causa: (i) dell’incremento del costo di esercizio del servizio di raccolta, con particolare riferimento alla estensione della differenziata “porta a porta” all’intero territorio comunale, attualmente a costo zero per i cittadini; (ii) della necessità di conferire i rifiuti differenziati e non in impianto diverso da Cupinoro, a tariffa assai maggiore di quella attualmente pagata dal Comune alla Bracciano Ambiente; (iii) della necessità ope legis di pre-trattare i rifiuti prima del conferimento in altro impianto, non appartenente alla Bracciano Ambiente, con applicazione da parte della Regione ed in favore del terzo esercente il servizio di una quota suppletiva sulla tariffa regionale attualmente prevista per il conferimento del “tal quale”;
c) riassorbimento dei lavoratori in esubero;
d) immediata cessazione di ogni contributo alla collettività locale, sia sotto forma di beni che di servizi, proveniente dalla società pubblica, sia direttamente che per mezzo del servizio comunale addetto alle politiche sociali;
e) lenta decozione dell’indotto locale generato negli ultimi otto anni.
Dati di bilancio alla mano, queste sono le proiezioni realistiche ed è partendo da queste che le forze politiche dovranno formulare proposte sostenibili per la società e per la città».