sabato 27 agosto 2011

Sporchi da morire - di Marina Bisogno

Sporchi da morire

25/08/2011 

È prevista per l’autunno di quest’anno l’uscita del docufilm “Sporchi da morire”(vedi anteprima) che denuncia i danni irreversibili dell’incenerimento dei rifiuti alla salute e all’ambiente.

. L’inchiesta nasce dall’urgenza di Carlo A. Martigli,  scrittore e giornalista, di capire gli effetti dell’incenerimento nel lungo periodo, andando oltre i confini dell’Italia. È vero che gli inceneritori fanno male? Perché in Italia si continuano a costruire questi impianti mentre nel resto del mondo si stanno smantellando? Quali sono i rischi concreti per la salute? Quali sono i danni provocati dalle nano-particelle emesse dagli inceneritori? Quali sono le possibili alternative? Sono queste, in sostanza, le grandi questioni a cui gli autori dell’inchiesta cercano di dare una risposta.
Il progetto, di respiro internazionale, è stato realizzato da Marco Carlucci, filmmaker indipendente, già noto per “Il punto rosso”, e con la collaborazione di numerosi specialisti, tra cui il professor Paul Connett,  teorico della strategia “Zero Rifiuti”; il dott. Stefano Montanari e la dott.ssa Antonietta Gatti, esperti e scopritori delle nano-particelle; la dott.ssa Patrizia Gentilini, oncologa e membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente; il biologo prof. Gianni Tamino; dott. Valerio Gennaro medico oncologo epidemiologo  ISDE Italia; il dott. Federico Valerio Responsabile Chimica Ambientale IST di Genova; i sindaci delle città virtuose della Silicon Valley, Palo Alto, Barkeley; il  sindaco di San Franciso Gavin Newson; il responsabile del Dipartimento Ambiente di San Franciso Jared Blumenfeld; i rappresentanti dell’IVS Francese -  dr. Calut e dr. Laffont che sono i firmatari della più importante ricerca mondiale sul tema della pericolosità dell’incenerimento dei rifiuti; il prof. Dick Van Steenis che ha mappato la ricaduta dell’inquinamento sui bambini inglesi e bloccato 16 progetti in costruzione; il dr. Luft; l’Associazione Rescue Workers Detoxification e la 911 Police Aid Foundation che si occupano delle persone ammalatesi per le inalazioni di nano-polveri  dopo il crollo delle torri gemelle (circa 170.000 casi già accertati); i rappresentanti dei comitati nazionali ed  internazionali, Padre Alex Zanotelli, Maurizio Pallante del Movimento Decrescita Felice, Greenpeace Italia, e tanti altri.
-Marco Carlucci, “Sporchi da morire” è un docufilm che raccoglie testimonianze mondiali sui rischi alla salute degli inceneritori. Come nasce l’idea e quanta fatica è costato?
Il film nasce da un incontro casuale con il prof. Montanari. Assistendo ad una delle sue numerose conferenze, sono rimasto profondamente colpito dalla tematica ed anche affascinato dall’idea di realizzare un film documentario poco convenzionale. “Sporchi da morire” racconta la storia di una ricerca online che lentamente prende forma e sostanza. Sono stati utilizzati video di varia natura e provenienza: nostri reportage esclusivi, video inviati dagli utenti del sito o dalle associazioni, video virali del web, il tutto in uno stile volutamente “sporco”. Credo sia importante  dire che questo progetto affronta il tema della pericolosità degli inceneritori per svelare alle persone l’esistenza di una nuova forma d’inquinamento molto insidiosa, quella nano particellare. Ci siamo, infatti, interessati anche delle centinaia di migliaia di persone che si stanno ammalando a New York, vittime delle nanopolveri da combustione scaturite dal crollo delle torri gemelle. Ma le nano-particelle riguardano anche i filtri per le macchine, l’alimentazione, i farmaci, le armi moderne. In sintesi questo film-progetto vuole rendere visibile ciò che i più tentano di lasciare  invisibile, ma che di fatto esiste ed è dannoso. La fatica è stata tanta, e lungo questo cammino tortuoso, pieno di difficoltà, sono stati molti i momenti di sconforto. In ogni caso, “Sporchi da morire” non descrive solo il pericolo ma anche le alternative sostenibili  già attuate in molte parti del mondo.
- Tutto si crea e nulla si distrugge. Questa è la grande legge che dovrebbe guidare qualsiasi processo di smaltimento dei rifiuti, ma in Italia l’incenerimento è una delle pietre miliari su cui si ergono i piani di gestione dell’immondizia. In Italia le aziende esercenti gli inceneritori rivendono a prezzo maggiorato l’energia elettrica prodotta, rivalendosi direttamente sui consumatori. Il Cip6 è il prezzo insulso di quest’affare, che assimila l’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti a quella derivata da fonti rinnovabili. Com’è la situazione lontano dal Belpaese?
 Quello del Cip6 è uno scandalo tutto italiano, ma devo dire che fin dall’inizio non ho inteso realizzare un film sugli scandali italiani: sulla monnezza di Napoli, o sul business dei rifiuti. Il problema è molto più ampio ed ogni paese ha il suo “modus operandi”. In Inghilterra, in Austria, in Francia, in Germania, persino negli Stati Uniti, ci sono problemi  legati alla gestione dei rifiuti, agli impianti d’incenerimento, alla libertà d’informazione, perché in ogni parte del mondo quando c’è un business importante ( e quello dell’incenerimento dei rifiuti lo è ), è molto difficile invertire una tendenza negativa. È indubbio che  l’Italia è partita in ritardo con l’incenerimento dei rifiuti. Basti pensare che nel resto del mondo si stavano già studiando in concreto delle alternative. Ma “Sporchi da morire” pone tutti di fronte lo stesso problema: se, difatti, solo in Italia si vedono rifiuti per strada, è altrettanto vero che gli inceneritori  sono presenti in tutti gli Stati. È  indicativa però  una differenza sostanziale: due medici francesi, di opposto credo politico hanno dato vita alla più grande associazione mondiale e allo studio più importante sugli effetti degli inceneritori. In Italia importanti politici, di opposte fazioni, sono concordi nel proporre come soluzione alla crisi dei rifiuti l’incenerimento.
- Incenerimento e rischi alla salute. Gli impianti di incenerimento producono polveri tanto piccole che non possono essere filtrate né dal naso né dai bronchioli, penetrando, così, in profondità nei polmoni. Gli inceneritori, oltre alle polveri, generano metalli pesanti come piombo, mercurio, arsenico e cadmio, altamente nocivi per la salute. Possibile che nonostante questi dati si continui a credere che bruciare i rifiuti sia l’unica soluzione?
 Certo,  perché il processo dell’incenerimento dei rifiuti è apparentemente purificatorio agli occhi delle persone. Poi, se si racconta che oltre a smaltire i rifiuti, si crea energia e non si inquina, diventa difficile per una persona che non  ha le giuste informazioni avere dei dubbi concreti. Il problema vero degli inceneritori vecchi e nuovi è che necessitano di “materia prima” per poter essere produttivi, e quella materia prima sono  i materiali che potrebbero essere riciclati e compostati, creando un nuovo business e tanti posti di lavoro. La raccolta differenziata non decollerà mai con delle bocche di fuoco che hanno bisogno di combustibile per poter funzionare. Vorrei capire cosa brucerebbero  al loro interno di fronte ad una  raccolta differenziata spinta. Bisogna informare le persone e metterle di fronte ad una scelta consapevole.
- Non so se ha seguito il “caso Napoli”. Che idea si è fatto di questa cosiddetta emergenza, per cui puntualmente i nostri governanti non riescono a proporre altro che discariche ed inceneritori?
 Certamente l’ho seguito e continuo a farlo, anche perché è purtroppo un argomento che non passa mai di moda. “Sporchi da morire” parte proprio dalla crisi di Napoli, dai rifiuti per le strade, per poi affrontare lo step successivo ovvero la soluzione avanzata. Rispondo a questa domanda riprendendo un concetto espresso nel film  da Paul Connett, guru mondiale di Zero Waste: quando ci sono due comuni che sono distanti 2km , ed uno ha il 5% di raccolta differenziata e l’altro il 70% non è più un fatto “culturale”,  la cultura non può cambiare in 2 km.  È un problema di leadership.”
Marina Bisogno

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