giovedì 1 marzo 2012

27/02/2012 LA BRACCIANO AMBIENTE SU CUPINORO


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Il presidente della Bracciano Ambiente, Marcello Marchesi, risponde sullo stato storico e attuale della discarica e sulla gestione della Bracciano Ambiente. In particolare, sulla ormai famosa “lettera” indirizzata alla Regione, al centro dell’attuale polemica politica tra l’Amministrazione comunale di Bracciano e i partiti di Rifondazione Comunista e Sel.
Presidente Marchesi, attualmente quali sono le funzionalità della discarica di Cupinoro? Qual è la cubatura totale e la tipologia degli impianti funzionanti?
«La prima autorizzazione all’apertura della discarica regionale di Cupinoro è stata rilasciata nel 1991. Dal 1991 al 2004 è stata gestita da privati. Nel giugno 2004, la gestione è stata affidata alla Bracciano Ambiente SpA, società interamente partecipata dal Comune di Bracciano. A Cupinoro, complessivamente dal 1991, sono stati smaltiti circa 2,3 milioni di metri cubi, di cui 600.000 circa dalla presa in gestione da parte di Bracciano Ambiente. La volumetria è in corso di esaurimento, residuano circa 60.000 metri cubi. Attualmente l’area in concessione occupa una superficie complessiva pari a poco più di 52 ettari, di cui circa 10 destinati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mentre la ulteriore superfici, pari a circa 42 ettari, è destinata all’area di sviluppo tecnologico, agli uffici ed alle aree di manovra. Gli impianti tecnologici già realizzati sono l’impianto di estrazione e sfruttamento del biogas prodotto dalla discarica e l’impianto di trattamento del percolato di discarica, alimentato con calore dell’impianto di cogenerazione del biogas. Un altro impianto di proprietà della società pubblica è l’Isola Ecologica, che si trova presso la Strada Vicinale della Polveriera, dove i cittadini di Bracciano possono consegnare gratuitamente tutti i materiali differenziati, anche ingombranti, da avviare a recupero alle piattaforme autorizzate. Questa società ha anche pubblicato il bando di gara per la realizzazione di un impianto fotovoltaico della potenza di 1,5 mw circa, da implementarsi su una superficie adiacente alla discarica, non altrimenti utilizzabile, e di un ulteriore impianto da porre in opera sulla copertura della sede operativa di via Archimazzasette, per il soddisfacimento dei bisogni energetici degli uffici. Il piano industriale prevede che nel 2012 realizzeremo gli impianti già autorizzati dalla Regione Lazio:
1. un impianto di trattamento della FORSU (frazione organica da rifiuto solido urbano, il c.d. umido) da 30.000 tonnellate/anno, che produrrà ulteriore biogas per mezzo di un digestore anaerobico. Si consideri che oggi il conferimento della frazione umida presso impianti privati costa ai cittadini di Bracciano circa 100 € a tonnellata, oltre IVA.
2. un impianto di preselezione di ultima generazione con TMB (trattamento meccanico biologico), già autorizzato a cui saranno apportate modifiche secondo le più innovative tecnologie di trattamento, che consentirà, alla data del 31 dicembre 2012, la cessazione di ogni conferimento di rifiuto indifferenziato presso la discarica di Cupinoro.
Nel 2012, intendiamo anche realizzare un impianto multi-materiale per il trattamento, la raffinazione e la valorizzazione dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata (carta, plastica, metalli), con annessa piattaforma di conferimento autorizzata dal CONAI».
Può chiarire le motivazioni della lettera inviata dalla Bracciano Ambiente il 23 novembre 2011 alla Regione Lazio, in merito ad impiantistica e volumetria della discarica?
«La nota tecnica n. 167 del 23 novembre 2011 è già stata oggetto di una comunicazione dedicata, inviata al Consiglio Comunale e pubblicata nella sezione documenti del nostro sito, a cui è bene rinviare per ogni approfondimento della questione.
Tuttavia, per evitare che se ne faccia ulteriormente un uso strumentale, è opportuno ribadire che questa società pubblica non ha mai presentato alcuna domanda, né progetto, per l’apertura di una nuova discarica se pur per residuo inerte, il così detto “sovvallo”.
Abbiamo più volte detto che questa scelta spetta ai cittadini e al Consiglio Comunale che li rappresenta. Il nostro compito è non precludere ai cittadini la possibilità di scelta e descrivere lo stato attuale e gli scenari futuri. Francamente, sorprende che il significato di tale atto sia stato così grossolanamente frainteso, specie da chi si professa competente in materia, poiché è universalmente noto che l’autorizzazione all’apertura di una discarica è regolata da una procedura assai rigida e articolata, che prevede l’intervento di numerosi enti pubblici, procedura che non può certamente attivarsi con un capoverso contenuto in una nota tecnica che, incidentalmente, dia conferma dell’esistenza di una volumetria adiacente all’attuale invaso in risposta a una richiesta regionale».
Nella lettera indirizzata alla Regione si fa riferimento ad un impianto di trattamento di rifiuti con produzione CDR, autorizzato dall’AIA n. 46/07 (integrata con la Determinazione Dirigenziale A 3918/08), della quale avete chiesto e attendete revisione. La B.A. ha spesso ribadito di non voler in alcun modo costruire impianti con produzione CDR. Può dunque spiegare la finalità dell’impianto suddetto?
«Tutti i rifiuti urbani, prima di essere smaltiti, dovranno essere assoggettati a trattamento. La legge, infatti, impedisce lo smaltimento del rifiuto “tal quale”, vale a dire non preventivamente trattato meccanicamente-biologicamente, stabilizzato e reso inerte, per mezzo degli impianti di trattamento. La frazione residuale del processo di trattamento, comunemente detta “sovvallo”, costituisce solo una parte della frazione del rifiuto complessivamente trattato ed è tanto meno inquinante del rifiuto “tal quale” da potersi considerare pressoché innocua, ove smaltita osservando le vigenti norme di sicurezza. Ad oggi, nessun impianto è in grado di ridurre a zero la percentuale di materiale conferito in discarica. Infatti, i processi di selezione meccanica e di biostabilizzazione della frazione organica producono un residuo che deve essere necessariamente smaltito. Nei migliori dei casi, questo residuo è pari al 15% del materiale in ingresso. La legge, peraltro, in alternativa alla produzione di frazione inerte da destinare alla discarica o a complemento della stessa, prevede la produzione, da parte degli impianti di TMB, di combustibile da rifiuti (CDR, CDR-Q o CSS) da destinare all’incenerimento – alternativa legittimamente praticata da quindici regioni italiane – ma la cui frazione residua, la cenere, è anch’essa destinata ad essere smaltita in discarica. L’impianto di trattamento che abbiamo in mente sarà realizzato secondo la miglior tecnologia disponibile, in modo da ridurre al massimo la produzione di frazione residuale di inerte e non produrre affatto combustibile dai rifiuti da destinare all’incenerimento. In tal senso, abbiamo già detto che apporteremo al progetto originario dell’impianto ogni modifica necessaria. È importante aggiungere che il TMB non è una tecnica alternativa alla raccolta differenziata. Al contrario, il TMB è l’elemento complementare e indefettibile di qualunque ciclo virtuoso dei rifiuti. Infatti, non solo gli impianti TMB lavorano meglio con la sola frazione residua dei RSU, come dimostrano i numerosi impianti realizzati in Germania, dove la raccolta differenziata porta a porta è una pratica avviata e consolidata da diversi anni, ma la raccolta differenziata consente una maggior e una miglior differenziazione dei rifiuti rispetto a quella attuata durante le fasi di pretrattamento meccanico all’interno di un impianto TMB».
Nel caso fosse ritenuto necessario e opportuno dagli organi decisionali competenti, che cosa significherebbe lo sviluppo di ulteriore volumetria per deposito rifiuti della discarica?
«Significherebbe aver maturato un approccio al problema dello smaltimento dei rifiuti radicalmente diverso, pragmatico e conforme alle rigorose norme che disciplinano la materia. Il rifiuto è già una risorsa strategica. È fonte di ricchezza e benessere per chi abbia voglia, lavorandolo in assoluta sicurezza, di sporcarvisi le mani. In un futuro assai prossimo, si pagherà per averlo. Chiunque di noi, avendola ricevuta in eredità, abbandonasse, lasciandola ad altri, una avviata e redditizia attività di trasformazione di una qualsiasi risorsa, sarebbe considerato uno sciocco che disperde la propria fortuna al vento.
Abbandonare una tale fortuna per mere ragioni ideologiche e senza un’alternativa realistica – a mio avviso – è semplicemente folle. La disponibilità di una cava dismessa, ubicata in un’area già adibita a smaltimento e posta sotto costante monitoraggio e controllo, in cui conferire la frazione inerte da trattamento, consentirebbe lo sviluppo degli impianti esistenti e delle attività già autorizzate di trattamento e valorizzazione del rifiuto solido urbano non pericoloso, sia differenziato che indifferenziato, e la realizzazione di nuovi impianti, per mezzo dei quali affrontare le sfide del futuro sul tema ambientale.
Mancando questo elemento, viene meno la logica sottesa al processo industriale delineato da questa società negli ultimi cinque anni. In altre parole, mancando l’invaso in cui smaltire il 15% di residuo inerte da trattamento meccanico-biologico dei rifiuti, la filiera non sarebbe completa ed economicamente sostenibile, la società pubblica non potrebbe mai completare la propria trasformazione in polo industriale di eccellenza, leader nella produzione di energie alternative e nella fornitura di servizi ambientali, l’autorizzazione regionale decadrebbe e ogni sforzo profuso sarebbe vano, con le conseguenze immediatamente percepibili da chiunque in tema di occupazione, sviluppo locale e costi derivanti dagli oneri post mortem sull’invaso esistente. È opportuno ricordare, infatti, che, qualora si decidesse l’abbandono del piano industriale e la cessazione delle attività, la attuale discarica di Cupinoro non verrebbe assorbita dal terreno o trasferita altrove, ma rimarrebbe a Cupinoro, lasciando alla Città di Bracciano e alle tasche dei suoi cittadini per almeno venti anni, tutti gli oneri derivanti dalla messa in sicurezza del sito, dal costante monitoraggio dello stesso e dallo smaltimento del percolato prodotto. Al contrario, la trasformazione da soggetto passivo del ciclo rifiuti – che è costretto per ragion di stato e subire l’imposizione regionale di rifiuti incontrollati altrui sul proprio territorio – a soggetto attivo e dominante del processo di trasformazione redditizia di una risorsa cruciale nel presente e ancor più nel futuro, assicurerebbe ai cittadini proprietari dell’azienda la distribuzione di ricchezza e occupazione, garantirebbe la realizzazione di opere pubbliche e l’introduzione di nuovi servizi per la collettività, oltre il miglioramento e l’abbattimento (se non l’azzeramento) delle tariffe per i servizi pubblici locali».
In qualità di tecnico e presidente della Bracciano Ambiente, come risponde a coloro (nello specifico il Comitato Zero e i partiti locali di Rifondazione Comunista e SEL) che paventano un nuovo impianto di produzione CDR e vedono nel possibile uso della volumetria attualmente inutilizzata di Cupinoro un “ampliamento” della discarica che tradisce la missione di eco sostenibilità della BA?
«Sul CDR ho già risposto. Come gli due altri componenti del consiglio d’amministrazione, personalmente, sono fermamente contrario all’incenerimento dei rifiuti, non tanto per ragioni ideologiche ma per valutazioni economiche. Il rapporto costi-benefici è infatti, a mio avviso, sfavorevole. Detto ciò e preso atto che – ripeto – nessun impianto di trattamento è in grado di ridurre a zero la percentuale di residuo inerte, mi chiedo dove le associazioni da lei citate intenderebbero smaltire la frazione residua, a meno che non si tratti della consueta sindrome NIMBY che affligge da sempre l’associazionismo di questo Paese. Siamo tutti d’accordo che ridurre la produzione di rifiuti sia il primo, inevitabile passaggio, ma non appartiene ai compiti di questa azienda imporre modelli alternativi di consumo ai cittadini, questa società è solo l’ultimo anello della catena e può solo differenziarli e trattarli in condizioni di sicurezza per l’ambiente e gli operatori, recuperando il maggior numero di frazioni merceologiche e traendone profitto da distribuire ai cittadini. Da cittadino credo che dire semplicemente “Zero Rifiuti” e “NO” a tutto – discariche, impianti di TMB e inceneritori – significhi non essere calati nella realtà contemporanea o, più semplicemente, si tratti di asserzioni demagogiche. Nel 2007, in Europa, il 42% dei rifiuti urbani è stato smaltito in discarica, il 38% riciclato e il 20% avviato ad incenerimento. Successivamente alla Direttiva Quadro 2008/98, i Paesi considerati più virtuosi, quali Olanda, Germania, Svizzera e Danimarca, hanno incrementato il trattamento meccanico-biologico e ridotto drasticamente il conferimento in discarica (minore del 10%) a favore dell’incenerimento (che nel caso della Svizzera sfiora addirittura il 100%). Invece di opporre solo dinieghi, sarebbe auspicabile che si scegliesse uno dei sistemi europei e lo si prendesse a modello, invece di rifugiarsi nella dottrina che professa il “rifiuto del rifiuto”. Amministrare, putroppo, è molto più faticoso che teorizzare. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. In Puglia, regione governata dal presidente di SEL da sette anni, la raccolta differenziata è al 18%, esistono 14 discariche per RSU (7 in funzione e 7 in corso di realizzazione), dove viene smaltito il 74% del rifiuto raccolto, il resto finisce nei 3 inceneritori e 2 co-inceneritori (cementifici che bruciano CDR) attivi, mentre il rifiuto prodotto in futuro finirà negli altri 6 impianti recentemente autorizzati al gruppo Marcegaglia. Quanto al comitato locale Zero Rifiuti, è opportuno ricordare che la Rete Nazionale Rifiuti Zero e Greenpeace Italia hanno pubblicato nel 2005 in Italia la traduzione del rapporto di Greenpeace sulla “Gestione dei rifiuti a freddo”, in cui si sostiene che il trattamento meccanico-biologico a freddo senza produzione di CDR e con conferimento del sovvallo in discarica residuale è il miglior stato dell’arte possibile in materia di politiche ambientali. È esattamente l’impianto che noi intendiamo realizzare, quindi non comprendo cosa intendano per “missione di eco-sostenibilità”».
In che modo l’eventuale potenziamento dell’impiantistica e lo sfruttamento della volumetria “aggiuntiva” convivrebbero con il ridimensionamento della discarica (previsto dal programma elettorale 2007 dell’attuale maggioranza), che è al momento al centro della polemica sul futuro di Cupinoro?
«La realizzazione degli impianti, come ho detto, trasformerebbe la società in un polo industriale di eccellenza, di proprietà pubblica, per i servizi ambientali e per lo sfruttamento di energie rinnovabili. I due impianti consentirebbero di abbattere almeno dell’80% la quantità e le potenzialità inquinanti del rifiuto da smaltire, che sarebbe costituito da sola frazione inerte, senza alcun rischio di tipo ambientale e sarebbero fonte di ricchezza per la proprietà. Non essendo un politico, non so dare risposta alla domanda relativa al programma elettorale. Da cittadino dotato di comune buonsenso posso aggiungere che, nell’attuale contesto di emergenza nazionale, leggere una proposta che preveda la trasformazione della società per azioni in azienda speciale, cui affidare i servizi pubblici, con contestuale abbandono della attività di trattamento dei rifiuti, accompagnate dalla promessa di un incremento dell’occupazione, mi strappa un sorriso per l’ingenuità di tali affermazioni, da parte di chi, evidentemente, non ha mai letto il bilancio di questa società. Tale proposta, oltre a non essere – a mio avviso – realisticamente praticabile, comporterebbe, quali prevedibili conseguenze per la Bracciano Ambiente:
a) crollo del fatturato da circa 13.000.000 di euro annui a 2.000.000 di euro annui, stimabili nel ricavo attuale derivante dai soli servizi attualmente resi in house al Comune di Bracciano e al lordo di ulteriori interventi legislativi in tema di liberalizzazioni del settore servizi pubblici;
b) irrealizzabilità degli impianti di trattamento e valorizzazione dei rifiuti urbani, già oggetto di autorizzazione regionale in corso di rinnovo, a causa della impossibilità di accesso al credito per manifesta insostenibilità del piano industriale, privo dell’elemento essenziale dell’impianto residuale di smaltimento (a costo zero) della frazione inerte da trattamento;
c) messa in mobilità di circa il 90% dei lavoratori presenti in discarica, fatto salvo il 10% dedito alla manutenzione degli impianti esistenti ed alla vigilanza e sicurezza dell’invaso post mortem;
d) messa in mobilità di circa il 70% del personale addetto agli uffici amministrativi, a causa della contrazione degli ordini e della complessiva riduzione del fabbisogno di forza lavoro;
e) messa in mobilità di circa il 40% degli addetti alla raccolta differenziata e indifferenziata dei rifiuti, a causa della necessaria riorganizzazione del servizio, ispirata a criteri di estrema economicità dello stesso, in conseguenza della impossibilità ulteriore di compensazione delle partite di bilancio relative alle diverse attività produttive;
f) elevatissimo rischio di accesso a procedure concorsuali.
Quanto alle prevedibili conseguenze per i cittadini:
a) presa in carico da parte del Comune (e, quindi, dei cittadini) dei costi relativi, stimabili in circa 18.000.000 di euro per i prossimi venti anni, alla gestione post mortem del sito di Cupinoro, i cui dovuti accantonamenti non sono stati effettuati, durante la dissennata gestione del sito da parte dei diversi soggetti privati succedutisi, dal 1991 al 2004;
b) incremento della tariffa per rifiuti solidi urbani stimabile (per difetto) nel triplo di quella attualmente versata, a causa: (i) dell’incremento del costo di esercizio del servizio di raccolta, con particolare riferimento alla estensione della differenziata “porta a porta” all’intero territorio comunale, attualmente a costo zero per i cittadini; (ii) della necessità di conferire i rifiuti differenziati e non in impianto diverso da Cupinoro, a tariffa assai maggiore di quella attualmente pagata dal Comune alla Bracciano Ambiente; (iii) della necessità ope legis di pre-trattare i rifiuti prima del conferimento in altro impianto, non appartenente alla Bracciano Ambiente, con applicazione da parte della Regione ed in favore del terzo esercente il servizio di una quota suppletiva sulla tariffa regionale attualmente prevista per il conferimento del “tal quale”;
c) riassorbimento dei lavoratori in esubero;
d) immediata cessazione di ogni contributo alla collettività locale, sia sotto forma di beni che di servizi, proveniente dalla società pubblica, sia direttamente che per mezzo del servizio comunale addetto alle politiche sociali;
e) lenta decozione dell’indotto locale generato negli ultimi otto anni.
Dati di bilancio alla mano, queste sono le proiezioni realistiche ed è partendo da queste che le forze politiche dovranno formulare proposte sostenibili per la società e per la città».

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